Terribile e meravigliosa Calcutta!
Non so come mai nel luglio 1998 ci ho pensato.
Ero stanca,.
Una storia sentimentale che non voleva andare bene, un doppio lavoro che non mi lasciava il tempo di “recuperare”, l'insoddisfazione che accompagna la nostra vita di ogni giorno nonostante ci sia permesso di avere anche il superfluo e tanta voglia di pensare un po’ a me…..
Fissai la mia partenza per febbraio!
Due settimane di relax…..
Maldive, Carabi, Messico…… avevo solo l’imbarazzo della scelta.
Dai tempi della scuola avevo un fortissimo desiderio di India ma non avevo mai avuto l’occasione di andarci, forse era arrivato il momento!
Non volevo fare un viaggio organizzato, ma nello stesso tempo avevo paura di non farcela... Decisi di appoggiarmi ad una delle tante organizzazioni di volontariato che operano in India, avere un punto di riferimento almeno iniziale era indispensabile.
Il consolato indiano di Milano mi mise a disposizione decine di libri da consultare per decidere quale. Sfogliando uno di questi libri, un fogliettino di carta a quadretti scritto a mano caduto a terra riportava l’indirizzo della Casa Madre di Madre Teresa a Calcutta.
Il caso aveva scelto per me.
Ne parlai subito a Cristina, mia amica ed ex compagna di scuola. Non mi disse nulla, mi guardava con occhi increduli ma dopo due soli giorni di silenzio mi disse che sarebbe venuta anche lei.
Ci siamo ritrovate in aereo con mille sensazioni che litigavano fra di loro: euforia, paura, incertezza, curiosità… ed un gran mal di pancia!
Su una guida tempo fa lessi “Calcutta, un violento ed inaspettato pugno nello stomaco...", e così è stato, ma dentro di noi abbiamo scoperto un’inaspettata e sconosciuta forza che ci ha fatto immediatamente reagire. Abbiamo trovato l'alloggio per le due settimane che ci aspettavano ed il giorno dopo siamo andate in Casa Madre per la registrazione dei volontari. Quando è arrivato il nostro turno, ci hanno chiesto dove avremmo preferito lavorare: bimbi orfani, bimbi abbandonati, bimbi denutriti, bimbi con handicap, moribondi, malati di tubercolosi, di epatite, malati di mente... Quella dei bambini sembrava la situazione più sopportabile, per cui abbiamo optato per i bimbi denutriti e con handicap, a Shishu Bavan. Cristina vi avrebbe trascorso due settimane, io un giorno soltanto, i miei programmi furono modificati dall’incontro con una volontaria italiana che mi convinse a provare una giornata a Prem Dan, un ricovero/ospedale, sempre gestito dalle suore. Qui vi trovano conforto malati di mente, moribondi recuperati anche dalla spazzatura, infermi, malati di TBC. Loro avevano ancora più bisogno di aiuto perché i volontari preferiscono scegliere i bambini e non gli adulti.
Sono finita in una struttura buia, in passato sede di un’industria chimica inglese donata a Madre Teresa, tutta in cemento: pareti e i pavimenti erano grezzi, poche fonti di luce, soffitti molto alti, i letti in ferro, i materassini sottili... La struttura ospitava circa 150 pazienti. Non sapevo cosa fare, dove andare, cosa dire. Avevo paura di quello che vedevo, delle medicazioni, delle piaghe, dell’odore e delle malattie concentrate lì dentro. I sorrisi delle volontarie, delle malate, ma soprattutto Bruna e la sua simpatia, mi hanno tranquillizzata, almeno in apparenza.
Finita la prima giornata di prova, il mattino seguente non sono riuscita ad alzarmi dal letto… Ho vomitato per almeno 8 ore. Qualsiasi cosa provavo a bere o a mangiare non riusciva a stare nel mio stomaco. Preoccupatissima di avere preso qualche brutta malattia, è stata Bruna a risollevarmi spiegandomi - col suo accento veneto ed un bel sorriso - che era una normale reazione a tutto quanto avevo visto, uno shock che può manifestarsi in molti modi diversi. E' stato così perché il mattino dopo ero in ottima forma e non vedevo l’ora di riprovare.
La giornata inizia molto presto, la sveglia suona alle 5.15 di ogni mattina ( 00.45 ora italiana ), usciamo dal nostro albergo ancora assonnati e non ci perdiamo solo perche' i nostri piedi conoscono la strada.
Dopo la Messa e la colazione offerta dalle suore – tè con latte ( chai ), pane e banane – si parte per il lavoro. Io vado a piedi a Prem Dan passando per il quartiere di PArk Circus, attraverso un bellissimo e variopinto mercato dove ci sono donne che vendono solo uova, uomini che vendono pesce, o patate e cipolle, o polli vivi, o cavolfiori, o riso..... ognuno ha la propria “specialità”. Mi fermo dai miei "preferiti" e faccio la spesa: 1kg di riso, 4 uova, 1 kg di patate ed alcune cipolle. Una bella spesa per la un totale di 40 rupie ( 0.80 centesimi )......
Proseguo per la mia strada ed arrivata alla ferrovia, a poche centinaia di metri dal mio luogo di lavoro, trovo uno SLUM di circa un centinaio di baracche..... passo davanti alle loro porte e tutti mi salutano. Lascio il sacchetto della spesa a qualcuno, almeno so che per quel giorno mangeranno, anzi sarà una vera festa. Le capanne sono piene di mosche, impossibile entrarci, non so come facciano a dormirci! L'odore e' forte, ovunque c'e' qualcuno che fa i propri bisogni.... e i mucchi della spazzatura sono affollati di bimbi, donne, cani, corvi e mucche, ... e tutti sperano di trovare qualcosa da mangiare.
A Prem Dan e' tutto piu' pulito.... pur essendo un posto terribile sembra un'oasi di serentita'.
Mi piace seguire Bruna nelle medicazioni..... ora ho uno stomaco cosi'!!!!!
Alle 8 si inizia a lavorare, fino alle 12.30. Le suore fanno tutto a mano, dalle pulizie al bucato, e la presenza dei volontari è un preziosissimo aiuto. La mattinata passa fra scopini per pulire il pavimento, bucato a mano sedute su un secchio rovesciato, tre piani a piedi per stenderlo sul terrazzo. Poi c'era il lavoro con le pazienti: coccolarle, massaggiarle con creme idratanti per evitare loro il decubito, pettinarle, farle ridere, fare mangiare e bere chi non è in grado. Grandi sorrisi ti dicono grazie, profondi sguardi ti dimostrano il piacere di averti lì con loro. Il pomeriggio rimane libero per riposare o per visitare la città.
Chi se la sente può lavorare, ma è dura. Alle 19.00 cena.... e poi... c'e' ben poco da fare! Le famiglie di strada preparano le loro stuie per la notte e noi ritorniamo nella nostra camera.
Che fortuna..... una camera e con bagno!!!!!
Il giovedì è la giornata di riposo per tutti i volontari! Le suore organizzano visite al lebbrosario o pellegrinaggi nei luoghi di Madre Teresa.
Una vacanza nata per caso ora è diventato un appuntamento fisso. Ho conosciuto volontari italiani e da tutto il mondo di ogni credo e fede uniti per lo stesso motivo.
In 8 anni di volontariato ho girato quasi tutta la città: il mercato dei fiori, il ponte Hoogly, l’Indian Museum, Victoria Memorial, la casa dei lebbrosi, gli istituti di Don Bosco, vari Templi, il giardino botanico, Tagores’ house, , ma per me il bello di Calcutta sono le strade con i suoi bimbi, i loro sorrisi, la loro disponibilità, la loro dolcezza ed il loro amore. Ora, solo ora, riesco a capire come mai una città così “terribile” viene chiamata "La città della gioia".
Ne parlo sempre con grande entusiasmo, come se fosse il posto più bello del mondo, ma l'impatto non è facile.
Non è normale quel che si vede per le strade di Calcutta, gli odori, le loro abitudini, l'indigenza, le "case" sui marciapiedi, il traffico, il caldo, l’inquinamento, e finchè non si prova non si può sapere come sarà la nostra reazione. E’ una scelta ed un viaggio molto difficile che non va intrapreso con leggerezza. Quando ci si trova di fronte a bimbi con il labbro leporino, con gravi handicap, a moribondi o malati di tubercolosi … la magia della vacanza scompare. Ti devi confrontare con te stessa, con le tue debolezze, con le tue paure. Ti capita di dover lavare vestiti o lenzuola piene di feci, feci infette di persone molto malate. Ti possono chiedere di pulire una piaga piena di vermi o di disinfettare buchi provocati dal decubito… o “semplicemente” accarezzare una mano a chi sta per morire.
Ho reagito e di non essere scappata, dal quel momento in poi ho conosciuto persone meravigliose, ho visto sorrisi che non dimenticherò mai, dimostrazioni di affetto da gente di strada e manifestazioni di generosità dai poveri più poveri.