INTERVISTA da Il Giramondo
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Pochi giorni fa ho avuto il piacere di incontrare Gabriele , un ragazzo come tanti che però ha appena concluso un’esperienza meritevole di essere raccontata, un periodo di volontariato presso le Missionarie della Carità , un istituto religioso di suore con sede generalizia a Calcutta (India) , ma presenti in numerosi Paesi del mondo.
Dalla mia curiosità è nata una interessante intervista che volentieri riporto.
- Iniziamo raccontando un po’ di te. Chi è Gabriele? E come hai conosciuto le Missionarie della Carità di Calcutta?
Sono un ragazzo normalissimo nato a Gallarate 33 anni fa. Lavoro nel campo dell’aviazione civile e per questo ho avuto la fortuna di viaggiare in tutto il mondo, spesso in Paesi poveri o comunque meno fortunati del nostro. Le mie passioni sono lo sport, il ballo e i viaggi, inoltre considero una “passione” aiutare il prossimo, in Italia infatti sono iscritto a un’associazione che aiuta i senza dimora di Milano chiamata M.I.A. (Milano in azione). Le Missionarie (o Sisters) di Madre Teresa le ho trovate cercandole . L’attività di volontariato a Milano non mi bastava più , poche ore durante la settimana e poi tornavo ai mie agi e alle mie comodità, sentivo il bisogno di immergermi nella povertà , nella sofferenza e nelle difficoltà che affrontano certe categorie disperate. Così ho acceso il computer , ho iniziato a fare qualche ricerca per fare volontariato in India e la pagina web delle Sisters si è aperta subito , come se mi stessero già aspettando……
- Racconta una tua giornata tipo durante il periodo di volontariato
La giornata cominciava sempre con la sveglia tra le 5 e le 5:15 ora locale (00:30
italiane), mi preparavo e andavo alla messa delle 6 nella Casa di Madre Teresa.
Personalmente non sono un frequentatore di messe , anzi…..ma in quel luogo non sono riuscito a perderne nemmeno una , nonostante fosse recitata da un prete indiano in lingua inglese , quindi quasi completamente incomprensibile, ma la magia e l’energia che si creava erano di un altro mondo, mai percepito una simile intensità.
Era un momento di grande raccoglimento e di profonda meditazione in cui noi volontari , insieme alle Sisters , ci univamo in una solenne e silenziosa concentrazione, il tempo si fermava e i pensieri si azzeravano e il nostro Spirito si preparava all’attività di carità che andavamo a compiere.
Dopo la messa , dalle 7 alle 8 , veniva offerta la colazione composta da 2 banane , 2 fette di pane e un chai caldo., dopodichè si recitava la preghiera dei volontari e si salutavano quelli che avevano finito il periodo di assistenza intonandogli un canto di saluto .
Alle 8 si aprivano le porte e ognuno si dirigeva al centro in cui era stato destinato. La mattina ero impegnato a Nabo Jibon e il pomeriggio a Kalighat, il primo amore di Madre Teresa. A Nabo Jibon aiutavo i bambini diversamente abili e con problemi mentali, bisognava seguirli al 100% , cambiarli se si sporcavano , portarli a
passeggio a piedi o sulla sedia a rotelle , oppure imboccarli a pranzo se avevano difficoltà a farlo da soli. A Kalighat facevo praticamente le stesse cose però con adulti , anziani in punto di morte , ex lebbrosi, amputati, malati di mente e invalidi.
Una cosa che mi ha fortemente colpito è stata che questi ospiti , a differenza dei bambini, cercavano molta tenerezza, affetto, coccole, abbracci e tutto quello che potesse trasmettere amore umano.
La giornata di lavoro finiva alle 17 circa e poi ognuno andava a riposare o a fare un giro per la città anche se ormai era già buio. La sera ci si trovava tra volontari per mangiare insieme o fare due chiacchiere, ma senza far tardi perché le attività e i pazienti portavano via tanta energia e la stanchezza si faceva sentire presto.
- Com’ è stata la tua esperienza da un punto di vista emozionale e fisico?Hai avuto difficoltà ad interagire con i pazienti?
Quest’ultima avventura è avvenuta dopo molti anni di Africa, precisamente Kenya, Tanzania, Ghana, Gabon , Angola , Mauritius, Nigeria e con alle spalle già 4 viaggi in India a New Delhi, per cui sapevo bene cosa mi aspettava , anche se prima di partire mi ero riproposto di non accettare lavori con bambini disabili o con problemi mentali. Non per razzismo , ma perché fin da giovanissimo ho sempre avuto un certo distacco nei confronti di quelle persone in quanto molto imprevedibili.
Quando sono arrivato ho conosciuto dei volontari italiani che mi hanno subito chiesto dove volessi svolgere assistenza, ho risposto che andava bene qualsiasi posto , così loro mi hanno consigliato Nabo Jibon, in quanto lì c’era veramente tanto bisogno di aiuto , in quel momento ho capito che quello era un altro motivo per cui ero
approdato in quella magica città , superare il mio limite. Aprire il cuore per qualcosa che ci piace è semplice, aprirlo dove riteniamo sia più difficile è tutta un'altra cosa, il destino mi aveva sfidato e io gli ho risposto affrontandolo.
L’impatto con i bambini non è stato facile, inizialmente mi impressionavo per alcune cose , ma poi l’amore ha prevalso. I primi giorni mi sono concentrato sulla “tecnica” , ma appena preso confidenza con la routine è cominciata la fase più dura, l’affetto per i piccoli che curavo ogni giorno. Quei bambini che ero venuto ad aiutare mi davano lezioni di vita tutti i giorni, mi hanno insegnato la semplicità del fare , la serenità del
vivere e la leggerezza dello spirito.
Da un punto di vista fisico è stato duro per gli orari stressanti e perché spesso ero costretto a sollevare i bambini per spostarli o lavarli quindi dopo poco tempo la schiena ha iniziato ad attirare l’attenzione. Inoltre Calcutta è molto sporca e inquinata, lo smog intasava le vie respiratorie con conseguente tosse e mal di gola.
Anche le camere non erano il massimo, l’igiene lasciava a desiderare , insetti e topi si vedevano spesso e le docce non sempre avevano l’acqua calda, tutto questo però è sempre stato accettato da tutti con grande spirito di adattamento .
- Hai altri progetti di volontariato per il futuro?
Certamente! Ho in progetto un viaggio in Madagascar dove potrei collaborare con un amico che ha lasciato tutto per vivere e lavorare a Nosy Faly.Ha costruito una scuola e rimesso in piedi un villaggio, ha adottato 7 bambini e ne segue tantissimi altri.
Insieme ad una onlus provvede alle loro cure mediche, igieniche e fisiologiche , contribuisce per dar loro un’educazione e un futuro.
- Hai qualche consiglio da dare a chi vorrebbe provare la tua esperienza o comunque una simile?
Come diceva Madre Teresa :” Il volontariato comincia nella propria famiglia . Non puoi portare nel mondo l’amore di Dio , se prima non lo porti nella tua propria casa.”
Il mio consiglio è di iniziare con chi ci è più vicino, che possono essere i malati in famiglia o nella propria città. Cominciare con una onlus che aiuta i senza dimora e vedere se si è portati, perché non tutti siamo portatori di solidarietà e carità Non deve essere una vergogna rendersi conto che non si è adatti , ma è fondamentale capirlo prima di un esperienza importante , perchè viverlo a metà produce solo effetti negativi su se stessi e su chi si aiuta …che se ne accorge subito.
- Servono requisiti particolari?Attitudini?
Sempre Madre Teresa diceva:”Servono cuori per amare e mani per servire”. Le sue parole dicono tutto, preferisco non fare nessuna interpretazione.
- Chi volesse provare un’esperienza come la tua a chi deve rivolgersi?Associazioni? Parrocchie?Partire e basta?
Per collaborare con onlus della propria città basta informarsi. A Milano c’è M.I.A. (Milano In Azione) che è un fantastico trampolino di lancio, mentre per partecipare a un campo di volontariato con le Sisters di Madre Teresa è sufficiente partire , loro accettano tutti e non c’è bisogno di iscrizioni o di contattarle prima , basta presentarsi con il passaporto presso la loro sede e si comincia da subito a lavorare.
- Ti chiedo un bilancio di questa missione, cos’hai lasciato e cos’hai portato?
Sono andato per aiutare e invece sono stato aiutato, sono andato per insegnare e invece ho imparato, volevo fare solidarietà e ho scoperto la carità, pensavo di essere uno dei pochi e invece ho conosciuto volontari unici e fantastici…..Ho ricevuto i migliori insegnamenti sacri sulla vita e su quanto sia importante la semplicità delle
cose per alleggerire il proprio spirito, di quanto un piccolo gesto sia in grado di spostare una montagna e di come il sorriso di un bambino riesca a sciogliere anche il ghiacciaio più gelido.
Ho vissuto anche la sofferenza e la gioia della morte e il loro tacito accordo, ho stretto la mano di un vecchio morente e ho capito quanto può essere importante un semplice gesto in punto di morte, anche se di un perfetto sconosciuto , perché morire da soli fa più paura della morte stessa.
Grazie a Gabriele per aver condiviso la sua esperienza , nonostante non ami mettersi in mostra e apparire ha acconsentito di raccontare la sua missione per far conoscere determinate realtà , per invitare tutti noi ad essere grati di ciò che la vita ci ha offerto e per guardare dentro i nostri cuori aprendoli il più possibile al prossimo.